Ormai è quasi sera: ovunque si rivolga lo sguardo, la vista dal rifugio lascia senza parole. Alle nostre spalle, la Bocca di Tuckett (2648 m) ci ricorda con la sua maestosa bellezza che ci troviamo lungo il famoso sentiero delle Bocchette, una delle vie in alta quota più famose delle Dolomiti, aperta e attrezzata dalla Società Alpinisti Tridentini a partire dagli anni Trenta del secolo scorso. Dieci ore di cammino in totale, da percorrere superando un dislivello totale di circa 800 metri, subito sotto le splendide cime delle Dolomiti di Brenta.
Tutto è cominciato partendo in escursione dal rifugio Vallesinella, a due passi da Madonna di Campiglio, che abbiamo raggiunto immersi nel silenzio a zero emissioni tipico della e-tron, primo veicolo full electric di Audi. Poi, lungo un sentiero di difficoltà media, abbiamo lottato per tenere il passo con Barmasse che saliva leggero, quasi immateriale, senza versare una goccia di sudore.
Ora il programma continua con cena e notte nel rifugio. Mangiamo presto, adeguandoci ai ritmi della vita in montagna. Ci ritroviamo fianco a fianco con gli altri ospiti del Tuckett, così ci godiamo il loro stupore quando la serata viene interrotta da un fuori programma: un breve talk di Hervé Barmasse.
«La montagna è scalare, è natura da esplorare e preservare. La montagna è scoperta», dice Hervé davanti a un pubblico improvvisamente silenzioso, attento e ammirato. Tutti sembrano conoscere l’Alpinista di razza che a 41 anni ha già fatto molto parlare di sé, per aver scalato in Tibet i 2200 metri della parete Sud dello Shisha Pangma (8027m) insieme al tedesco David Gottler. Un’impresa non comune perché compiuta in appena 13 ore senza ossigeno, corde fisse e campi pre-allestiti. Pochi però conoscono l’uomo e la sua storia, che emerge con umanità emozionante mentre l’atleta racconta se stesso e la propria vita: l’iniziale carriera da sciatore interrotta prestissimo per un grave incidente; l’ospedale e il recupero attraverso la disciplina e il sacrificio; la rinascita due anni dopo con la prima scalata del Monte Cervino insieme al padre; la nuova vita prima come guida alpina e poi come alpinista.
Durante il suo breve talk, arricchito di foto e video che lo ritraggono in azione in condizioni estreme, Barmasse riesce abilmente a fare delle proprie esperienze in montagna un esempio universale di cosa si debba e si possa fare per preservare l’ambiente. «Si parla, a ragione, di plastica negli oceani - racconta - ma pochi sanno che la plastica ormai si trova anche in alta montagna, nella neve come nei torrenti e nei fiumi. E’ ora di cambiare modo di scalare - aggiunge - perché chi ama la montagna la deve anche difendere».
Come? Con quello che l’atleta definisce alpinismo dallo “stile pulito”, ovvero un approccio alla montagna che mira a ridurre il più possibile l’impatto sull’ambiente rinunciando a vari strumenti usati oggi da molti alpinisti (come bombole, contenitori plastici usa e getta ad esempio), e poi, ancora, velocizzando al massimo le operazioni di ascesa e discesa con uno sforzo atletico che certo è alla portata di pochi.
Insomma, quello promosso da Hervé per preservare l’ambiente è un vero e proprio cambio di paradigma nell’alpinismo, che richiede l’impegno di tutti e che ricorda da vicino l’enorme trasformazione in corso in molti settori dell’industria. Non ultimo quello automotive, dove un’auto come la e-tron può facilmente essere identificata come lo “stile pulito” di Audi, il nuovo approccio del costruttore tedesco per realizzare una mobilità che sia davvero sostenibile.