I ricercatori del MIT stanno studiando le increspature nella sabbia che potrebbero rilevare molto più di quel che crediamo.
In caso di bassa marea, la porzione di sabbia temporaneamente esposta può rivelare numerose increspature. A conti fatti, però, queste ultime possono anche essere viste come il riflesso di antichi fondali, ormai pietrificati, conservati sott’acqua per migliaia o persino miliardi di anni. I geologi, dunque, hanno esaminato con grande attenzione le increspature per scovare indizi sulle condizioni ambientali in cui si sono formate, scoprendo che la spaziatura fra di esse è direttamente proporzionale alla profondità del fondale e alla dimensione delle onde che le hanno modellate.
Capita anche, però, che le increspature di sabbia non siano perfettamente parallele e formino strane figure, come nodi o spirali. Questi difetti apparentemente casuali possono dirci qualcosa in più sul passato del nostro pianeta? La risposta, secondo i ricercatori del MIT, è affermativa. Il team che ha studiato i fondali ha capito, infatti, che è possibile stilare una sorta di legenda: se le increspature ricordano una clessidra, oppure hanno una forma a zigzag, significa che il fondale è stato modellato durante forti tempeste o cambiamenti significativi nei flussi di marea.
“Le increspature suggeriscono quanto fossero drammatici i cambiamenti delle condizioni meteorologiche in quel dato momento", afferma Taylor Perron, professore associato di geologia e capo associato del Dipartimento di Terra, Scienze atmosferiche e planetarie del MIT (EAPS). “Ci troviamo di fronte a vere e proprie impronte digitali del passato, da cui possiamo dedurre non solo quali fossero le condizioni metereologiche dell’epoca, ma anche in che modo sarebbero cambiate”.
La squadra del MIT è al lavoro sui fondali marini da diverso tempo. Per prima cosa, si sono chiesti come abbiano fatto delle caratteristiche così volubili a conservarsi per milioni di anni. Perron ha capito quasi immediatamente che, se il livello dell'acqua si abbassa improvvisamente, le increspature vengono esposte al vento. In questo modo, prima si asciugano e poi si induriscono, facendo sì che i sedimenti rimangano intatti nei secoli. "Ma la cosa più interessante", conclude Perron, “sarebbe trovare increspature del genere su un pianeta come Marte. Ad oggi sapremmo come leggerle e scopriremmo molte cose che ancora non sappiamo”. Succederà davvero? Staremo a vedere.